Recensione: “Lo Hobbit” J.R.R. Tolkien

Volete sapere sinceramente qual'è la prima cosa che mi ha colpito in Lo Hobbit? Il peso. Cavolo, per essere un'edizione tascabile questo libro pesa una cifra!

Ma non ci perdiamo in chiacchiere!
Pronti per questa recensione? Perché oggi ci tuffiamo nella terra di mezzo, tra mezzuomini, elfi e nani alla volta di un'avventura fantastica in compagnia di un Baggins, nello specifico Bilbo Baggins e di tredici nani determinati a sconfiggere il drago Smaug per riconquistare il suo tesoro.

TITOLO: Lo hobbit
AUTORE: J.R.R. Tolkien
EDITORE: Bompiani
PAGINE: 410
PREZZO: €11,00- ebook € 9,99
Protagonisti della vicenda sono gli hobbit, piccoli esseri “dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari”, che vivono con semplicità e saggezza in un idillico scenario di campagna: la Contea. La placida esistenza degli hobbit viene turbata quando il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell’ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca nell’impresa, inconsapevole che lungo il cammino s’imbatterà in una strana creatura di nome Gollum.



Come molti di voi già sapranno questo romanzo racconta l'avventura di Bilbo Baggins, tranquillo hobbit della Contea che un giorno si vede piombare in casa una compagnia di 13 nani accompagnati dallo stregone Gandalf, che lo ha desi­gnato come lo scassinatore della spedizione il cui scopo è recuperare il tesoro sottratto a Thorin e agli altri nani dal perfido drago Smaug.
Anche se all'inizio il giovane hobbit è tintinnante all'idea di lasciare la sua casa e le mille comodità a cui è abituato (per non parlare dei lauti pasti che non si fa mai mancare), Bilbo finisce per accettare il compito offertogli, ritrovandosi così coinvolto in un viaggio che lo porterà a visitare luoghi bellissimi che mai aveva immaginato, incontrando, strada facendo, creature meravigliose e a volte terribili.

Non riesco a parlare de Lo hobbit senza riferirmi anche a  Il signore degli anelli, visto che il primo è l'antecedente di quest'ultimo e tanti sono i riferimenti che collegano i due volumi, primo fra tutti la storia con cui Bilbo (e quindi poi Frodo) entra in possesso dell'Unico Anello. Quindi portate pazienza e sopportate i miei sproloqui anche per oggi!


Leggere Lo Hobbit è stato per me come tornare in un posto che è familiare. Dovete sapere che adoro Il signore degli anelli, ho letto infatti più e più volte l'intera trilogia al punto che la mia copia e tutta logora e la cartina allegata sembra veramente aver fatto il viaggio di andata e ritorno verso Mordor, visto lo stato in cui verte.
Dunque è facile intuire perché ogni volta che durante la lettura sono incappata in luoghi noti, da Moria a Lungacque, da Bosco tetro alla casa di Erlond sentivo una sensazione dolce amara. Tolkien nei suoi libri ha costruito un mondo tanto reale da rendere al lettore possibile orientarvisi in totale autonomia e credetemi non è cosa da tutti.
Non a caso questo è uno degli aspetti che più amo delle opere di questo autore, il fatto di aver creato un universo quasi tangibili tanto è elaborato, un mondo con la sua geografia, la sua storia, la sua mitologia e la sua lingua (in realtà più di una).
E se ve lo state chiedendo, sì quando uscì il film de La Compagnia dell'anello ho provato ad imparare l'elfico (con scarsissimi risultati) e ne vado fiera!

Ne Lo Hobbit dunque ritroviamo tutto l'universo che, almeno io, ho imparato a conoscere nella più famosa trilogia sia da un punto di vista geografico che narrativo. Come ho accennato infatti le due storie sono collegate dai riferimenti che spesso Frodo fa nel suo viaggio rispetto all'avventura dello zio, dove la storia dell'anello è sicuramente quello più evidente, ma non certo l'unico. È durante questo viaggio infatti che Bilbo verrà in possesso di Pungolo, il pugnale elfico che poi affiderà al nipote, così come la cotta di mithril regalatagli da Thorin. C'è la storia dei tre troll di cui Frodo lungo il cammino trova le statue... insomma i riferimenti sono tanti e ognuno ha l'effetto di rendere più credibile l'universo di Tolkien.

Nonostante però questo forte legame, esiste tra Lo Hobbit e Il signore degli anelli anche una profonda differenza, che avevo notato già dai film. Questo romanzo si caratterizza per uno stile più leggero e decisamente più semplice rispetto all'altro, differenza che investe non solo il piano stilistico, ma anche quello narrativo.
Mi spiego meglio.
Da un punto di vista narrativo il viaggio di Bilbo è assai diverso da quello che intraprenderà Frodo anni dopo. In qualche modo, nonostante i mille pericoli, quest'avventura ha di fondo una nota positiva, che manca completamente nell'altra che si caratterizza quasi fin dall'inizio per un'atmosfera più cupa.
La stessa cosa si riflette sul linguaggio. Ne Lo Hobbit Tolkien usa uno stile vivace e frizzante, a tratti spensierato che si accompagna ad un linguaggio semplice e accessibile, con cui costruisce sì bellissime descrizioni dei luoghi visitati, ma prive della complessità e del livello di elaborazione che caratterizzano lo stile de Il signore degli anelli. È come se questa storia si rivolgesse ad un pubblico più giovane e dunque toni, atmosfere e linguaggio sono stati adattati come conseguenza.

I personaggi, al pari dei paesaggi, sono curati con talmente tanta attenzione da diventare reali e riconoscere quelli che ci sono familiari, di cui qui impariamo qualcosa di nuovo. Gandalf, Bilbo, Erlond e Gollum già li conosciamo perché sono presenti anche nell'altra storia e qui tuttavia ne scopriamo nuovi aspetti. Ad esempio quando i nani arrivano a Gran Burrone Tolkien ci mostra un lato degli elfi che altrove non traspare (e che rientra nello spirito di maggiore leggerezza di questo romanzo), un lato giocoso che emerge dal modo scherzoso in cui accolgono i loro ospiti. Lo stesso Gollum, pur rimanendo fedele alla sua natura, mostra nei confronti di Bilbo un lato positivo/socievole (o quasi) nel desiderio di "giocare" con lui agli indovinelli.
In breve in qualsiasi ordine leggiate i due libri, non può non saltarvi agli occhi la differenza che li caratterizza, tanto forte quanto il legame che li lega.

E posso parlarvi di questo libro senza accennare ai film?
Ovviamente no, quindi rassegnatevi a sopportarmi un altro po'.

È doveroso dire che per quanto riguarda Lo Hobbit ho visto prima i film e poi letto il libro e quindi fare un paragone mi viene naturale.
Non voglio dilungarmi troppo o rischio di non finire più questo post, ma in generale ho trovato i film estremamente fedeli alla storia e questo per me è sempre un grande pregio. Anzi, caso strano, ne Lo Hobbit invece che tagliare alcune scene come accade spesso nelle trasposizioni, sono state aggiunte. Anzi sono state aggiunte delle linee narrative intere.
Ad esempio nel romanzo non sono presenti tutte le parti riferite a Legolas (purtroppo :( ), il ruolo e il personaggio di Bart sono molto più marginali, non parliamo della storia tra l'elfa e il nano di cui non c'è minimamente traccia, per non parlare delle scene di battaglia che nel libro sono molto meno frequenti e dettagliete. Potrei andare avanti ancora per molto: con la storia del Negromante che non c'è, la presenza di Saruman e Galadriel... insomma per far diventare il libro una trilogia cinematografica è stato aggiunto qualcosina, ma mi preme sottolineare che lo spirito del romanzo non ne risente affatto, anzi ciò che è stato aggiunto dà informazioni in più che creano un legame ancora più profondo con quello che succederà ne Il Signore degli Anelli.
La differenza che invece mi ha un po' infastidito è quella relativa al carattere dei nani e di Thorin in particolare. Nel film appare chiaro che almeno all'inizio questo non veda di buon occhio l'hobbit, che impara ad apprezzare strada facendo, mentre nel libro questa inimicizia non è presente e tutti i nani appaiono un po' meno "eroici" meno legati all'onore di riconquistare il regno e la casa, e più interessati all'oro (aspetto che è più coerente all'idea di Tolkien su questa razza). Inoltre nel libro infatti in più di un'occasione i nani definisco Bilbo come colui che porta avanti la missione, quando Gandalf li lascia per sbrigare altri affari, aspetto che non mi è parso di cogliere nel film.

Lo Hobbit è dunque il racconto di un viaggio di un piccolo mezzuomo in terre sconosciute, che dà il via ad una vicenda che si concluderà veramente solo molto anni dopo ai piedi del monte Fato e che dimostra, una volta di più, che se si trova il coraggio di lasciare la propria comfort zone anche la persona più piccola può fare la differenza.
Per gli amanti del fantasy, un libro da non farsi scappare!




3 commenti:

  1. Bellissima recensione Alisya ! Dettagliata e precisa , mi hai fatto quasi venir voglia di leggere il libro ! Come sempre fra Film e libro le differenze ci sono, però qui come dicevi tu hanno inserito aspetti nuovi come la love story fra il Nano e l'elfa ...di solito tendono a tagliare le scene , qui invece le hanno aggiunte !
    Povero Tolkien :)

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    1. Ciao Gabri, grazie 😊
      Si il paradosso di Tolkien che invece di essere tagliato viene implementato 😁 Se ti piace il genere o hai visto il film, vale la pena leggere anche il romanzo.

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