Recensione: "Il Conte di Montecristo" Alexandre Dumas

Eccoci qua. Ci siamo, questo è il momento della verità, è il momento di recensire Il conte di Montecristo.
Ok, lo dirò tutto d'un fiato. Pronti?
F-A-V-O-L-O-S-O. Semplicemente favoloso.
E potrei anche concluderla qui, no??
Cosa? Dite che sono stata troppo ermetica?? Ok, allora mettetevi comodi e scendiamo più nel dettaglio.
TITOLO: Il Conte di Montecristo
AUTORE: Alexandre Dumas
EDITORE: crescere Edizioni
PAGINE: 1019
PREZZO : €17,90
Il capolavoro di Alexandre Dumas, pubblicato per la prima volta nel 1844 e divenuto un modello per i romanzi d’avventura di Ottocento e Novecento, racconta le vicende di Edmond Dantès, tra peripezie e colpi di scena. Sbarcato a Marsiglia con il Pharaon, la nave mercantile di cui sta per essere nominato capitano, Dantès viene arrestato nel mezzo della sua festa di fidanzamento con la bella catalana Mercedes e accusato di bonapartismo. Dietro il suo arresto c’è l’invidia di tre uomini per la sua felicità e il suo successo: il pescatore Fernando, suo rivale in amore, il contabile Danglars, che aspira a conquistare il suo posto, e Caderousse, un amico geloso. Nonostante proclami la sua innocenza, Dantès viene incarcerato nel castello d’If, terribile prigione in mezzo al mare. Qui fa la conoscenza dell’abate Faria, uomo intelligente e coltissimo, che gli racconta di un tesoro nascosto sull’isola di Montecristo. Quando, dopo 14 anni, Edmond riesce finalmente a fuggire, si impossessa di questo tesoro. Divenuto ricchissimo, torna in Francia con il nome di conte di Montecristo e un unico obiettivo: vendicarsi.

Prima di iniziare con la recensione vera e propria, devo farvi una confessione. Per anni ho guardato questo libro con puro terrore. E no, non è per la storia, che anzi mi ha sempre intrigato, ma era più una sorta di timore reverenziale per il fatto che si tratta di un grande classico, per non menzionare le 1019 pagine fitte fitte che non lo presentano come una lettura leggera.

Ok, se proprio devo dirla tutta ho dei grandi pregiudizi verso i classici, tutti, in modo indiscriminato. Sarà la reminiscenza degli anni scolastici che mi ha fatto percepire volumi come questo, come incredibilmente pesanti e noiosi, ma insomma quando prendo in mano un classico non lo faccio mai a cuor leggero.
Certo, non ha aiutato neanche lo stile pesante, prolisso e assolutamente poco scorrevole de L'avvelenatrice, sempre di Dumas, che a fronte di una storia assolutamente interessante, si è rivelato una lettura pesantissima per quanto corta.

Eppure nonostante questa lunga premessa, avevo proprio voglia di leggere questo romanzo; questo e nessun altro. Sarà che col periodo che ho attraversato volevo tra le mani una storia "polposa" fatta di intrighi e vendette, sarà che ultimamente mi sono sentita tradita da chi credevo amico e mi sentivo molto Dantès... insomma come spesso accade ci vuole il libro giusto al momento giusto e questo lo è stato assolutamente.

La prima cosa che mi ha fatto amare Il conte di Montecristo è la capacità che ha questo libro di ritrarre in modo fedele alcuni aspetti della natura umana. Invidie, gelosie, egoismi, tradimenti, raggiri e spietate vendette, sono solo alcuni degli elementi che popolano la vicenda di Dantès, giovane marinaio che alla vigilia del giorno che avrebbe visto il coronamento di tutti i suoi sogni, si vede strappare la vita dalle mani. Infatti nel giorno del suo fidanzamento, a poche ore dal matrimonio con la sua amata Mercedes, Edmond viene arrestato per buonapartismo a causa di una falsa accusa montata da Fernando, geloso innamorato di Mercedes, e Danglars invidioso della posizione di capitano appena guadagnata dal giovane.

Dantès finisce così davanti a Villefort, magistrato ambizioso che pur capendo che il giovane non è colpevole, lo fa arrestare con il doppio intento di usare il suo caso per far carriera e nascondere il vero colpevole del complotto, ovvero il padre.
Edmond così si ritrova nella prigione del Castel d'If senza aver subito un processo e senza sapere quali accuse gli sono state mosse e per anni la consapevolezza di essere punito senza colpa lo dilania al punto che il giovane arriva a pensare di togliersi la vita.
A salvarlo sarà l'incontro con un altro prigioniero, l'abate Faria, uomo di grande cultura e intelligenza che nel tentativo di fuga finisce per errore nella cella di Dantès. I due stringono amicizia e mentre escogitano il nuovo piano di fuga, Faria spiega a Edmond il complotto ai suoi danni messo su da Danglars, Fernando e Caderousse.
Questo fa nascere nel cuore del ragazzo un bruciante desiderio di vendetta per l'ingiustizia subita e trova in questo odio la forza per sopravvivere iniziando ad elaborare un piano per punire tutti i suoi carnefici una volta fuggito. Riacquistare la libertà però non sarà facile e Dantès riesce nell'impresa solo grazie ad uno stratagemma, seppellendo per sempre l'identità di Edmond Dantès e risorgendo come il Conte di Montecristo, grazie alle infinite ricchezze di cui Faria l'ha nominato erede.

Così reso irriconoscibile dagli anni e dal carcere, Dantès va a cercare uno ad uno tutti i suoi carnefici, scoprendo così non solo che la sua Mercedes ha infine sposato Fernando, ma che suo padre, l'unico suo altro affetto è stato lasciato morire di fame.
Il piano messo in atto dal conte di Montecristo è sublime nella sua spietata freddezza. Con meticolosità e ingegno Dantès tesse la tela che uno ad uno imprigiona i traditori, portandoli lentamente ed inevitabilmente verso una totale disfatta.

L'ho detto e lo ripeto, questo libro è favoloso perché nonostante gli anni è capace ancora di catturarti tra le sue spire e non lasciarti più andare. Lo stile di Dumas è fantastico, irretisce e affascina con una storia che con le sue mille emozioni ed i suoi intrighi coinvolge il lettore in prima persona.

Nonostante la vicenda giri intorno all'ipnotica quanto camaleontica figura di Edmond Dantès, la storia appare ricca di sotto trame legate alle vicende di altre personaggi che in qualche modo si intrecciano tra loro in un insieme articolato e armonico. Ogni tassello alla fine va al suo posto e si incastra in quello che piano piano, sotto gli occhi del lettore, appare sempre più chiaramente come un piano machiavellico.

Sicuramente però il punto forte de Il conte di Montecristo sono i personaggi così ben sviluppati e caratterizzati sia nel fisico che nella psicologia, che durante il racconto cambiano, maturano, si evolvono secondo le proprie inclinazioni. Ad esempio vediamo che Villefort assecondando la propria ambizione passa da essere un semplice magistrato a procuratore del re, mantenendo quel carattere inflessibile che fin dall'inizio lo definisce.
Ovviamente l'evoluzione più evidente è proprio quella di Edmond che subisce una vera e proprio trasformazione nel corpo e nello spirito. Se all'inizio infatti Dantès ci appare come la perfetta immagine del bravo ragazzo: onesto, leale, sincero, devoto al padre quanto alla ragazza che ama, gli anni di prigionia e il dolore innescano un cambiamento che trova nella rivelazione del tradimento fatta da Faria il punto di svolta. Dumas è bravissimo in questo, nel far assistere il lettore alla trappola che si va formandosi attorno all'ignaro Edmond e al dolore che piano piano cambia quell'animo puro, in un animo oscuro colmo di risentimento e vendetta.
E se vi devo dire una cosa il momento in cui Dantès realizza il complotto ai suoi danni, in cui la sete di vendetta esplode è uno dei passi che più ho preferito, perché assistendo all'inganno prima e allo strazio che pagina dopo pagina si fa strada nell'animo del protagonista consumandolo, la vendetta non sembra così sbagliata.
L'ingiustizia di cui Edmond è vittima è talmente grande che la sua sete di vendetta sembra giustificata e in questo suo presentarsi come un vendicatore mandato dal cielo sta la grande forza di Montecristo che fino alla fine non mette in dubbio il suo operato, lui sa di essere nel giusto, di avere il diritto di punire chi lo aveva rovinato facendola franca.

Il grande magnetismo di Dantès sta propri in questo suo cambiamento, nel vedere quel ragazzo sensibile e ben disposto anche verso chi lo guardava con invidia e gelosia, diventare l'uomo freddo e spietato che pur di ottenere la sua vendetta è disposto a sacrificare tutto e tutti. O quasi.
Si, perché per quanto il conte di Montecristo abbia deciso di pietrificare il suo cuore qualcuno riesce comunque a far breccia risvegliando in lui quell'umanità ormai perduta.

Se poi vogliamo parlare del finale... che devo dire se avete visto una delle mille versioni fatte per cinema e tv avete un'idea di come possa concludersi questa vicenda (anche se ognuna degli adattamenti che ho visto proponeva un finale diverso). Quello che posso dirvi per non rovinarvi il gusto di una lettura che dovete fare nel modo più assoluto è che c'è nel finale un pizzico di amarezza perché speravo in qualcosa che non si è realizzato, ma c'è anche una nota positiva, l'apertura per Dantès per una nuova vita, una nuova opportunità per essere felice.

In breve Dumas è un abile tessitore capace a distanza di anni di intrigare il lettore nella sua storia piena di passioni e intrighi, arricchita da descrizioni meravigliose e accurate di luoghi a atmosfere uniche facendo volare le pagine davanti agli occhi del lettore.

L'unica nota negativa è per l'edizione non priva di refusi che un po' disturbano, ma avendo già letto altri romanzi di questa stessa CE che presentano lo stesso problema è una cosa che avevo già messo in conto.



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