Buongiorno Sognatori,
Oggi vi lascio la recensione di un libro che è finito nel WWW almeno un paio di volte e che appena uscito sono corsa a comprare, ma nonostante questo ci ho messo quasi un anno per leggerlo. Vi chiederete perché.
Oggi vi lascio la recensione di un libro che è finito nel WWW almeno un paio di volte e che appena uscito sono corsa a comprare, ma nonostante questo ci ho messo quasi un anno per leggerlo. Vi chiederete perché.
Ciò che mi ha trattenuto dal leggere Il Consolatore è il pensiero che questo è l'ultimo libro di Gaarder pubblicato e quindi una volta finito, chissà quanto dovrò aspettare per poter avere qualcos'altro di suo. Si, insomma è un po' come nella pubblicità della mozzarella, non l'ho letto subito "Perché sennò finisce subito."
Sono pazza? Assolutamente, ma non ne ho mai fatto un mistero. ^_^
Sono pazza? Assolutamente, ma non ne ho mai fatto un mistero. ^_^
Gaarder è uno tra gli scrittori contemporanei che preferisco e per molto è stato il mio autore preferito in assoluto, per cui se vi aspettate una recensione pacata e oggettiva, questo post non fa per voi!
Quello che amo dei suoi libri (e sono sicura di avervelo già detto recensendo altre sue opere) è che le sue storie non sono mai quello che sembrano o meglio non sono mai solo quello. Dietro racconti semplici si nascondono riflessioni profonde su temi enormi: dalle radici dell'esistenza, alla coscienza, dalla religione alla filosofia.
Per la sottoscritta i suoi libri sono geniali, di una bellezza disarmante.
Editore: Longanesi
Prezzo:€ 16,90 (ebook € 9,99)
Pagine: 288
Sessantenne erudito e solitario, Jakop è un ex ricercatore dell'università di Oslo, studioso di linguistica. Non ha figli né parenti e ha una moglie che lo ha lasciato ma con la quale ha continuato a vedersi a lungo per il semplice fatto che condividevano una Toyota Corolla. Ha un solo amico, Pelle, che forse non è del tutto estraneo ai fatti che hanno segnato la fine del suo matrimonio. Jakop è un uomo solitario ma non si sente mai solo, perché si tiene occupato con un'attività che gli riempie le giornate e la vita: ama partecipare ai funerali, mischiarsi tra la folla degli amici e dei parenti e raccontare aneddoti e ricordi sulla vita del defunto che commuovono le persone presenti. Finché un giorno, a uno dei tanti funerali cui prende parte, Jakop conosce Agnes...
Ecco, ora che vi ho fatto questa intro meravigliosa posso anche dirvi che tra tutti i libri letti di Gaarder, Il Consolatore è quello che mi ha colpita meno, anzi per essere più precisa è quello che mi ha creato più problemi nel leggerlo.
Ora vi spiego.
Fino ad ora non ho avuto problemi a seguire i temi trattati da Gaarder per quanto complessi fossero perché, anche se non ho mai studiato filosofia, i concetti affrontati non mi erano sconosciuti e quindi riuscivo a seguire il filo delle riflessioni (più o meno). In questo romanzo invece mi sono ritrovata davanti ad un tema totalmente nuovo, cosa positiva per ridurre la mia ignoranza, un po' meno per la semplicità della lettura in sé.
Il Consolatore infatti racchiude una riflessione sul linguaggio e la sua evoluzione e fino a qui potrei anche starci, ma essendo Gaarder norvegese ovviamente la lingua che segue è la sua, insieme poi alla sua cultura. Di conseguenza spesso i legami tratteggiati riguardano per lo più lingue nordiche (norvegese, tedesco ecc...) e perdersi è facile.
Ciò nonostante non nego che sia affascinante vedere il legame che tutt'oggi continua ad esserci tra idiomi lontani, però credo che per cogliere appieno questo lato del romanzo, un'altra lettura sia d'obbligo. Lo stesso vale per i riferimenti alla mitologia norrena, che di nuovo mi hanno messo davanti alla mia ignoranza dilagante (anche se ad onor del vero questa constatazione l'avevo già avuta grazie ad un altro libro letto quest'anno).
Ciò nonostante non nego che sia affascinante vedere il legame che tutt'oggi continua ad esserci tra idiomi lontani, però credo che per cogliere appieno questo lato del romanzo, un'altra lettura sia d'obbligo. Lo stesso vale per i riferimenti alla mitologia norrena, che di nuovo mi hanno messo davanti alla mia ignoranza dilagante (anche se ad onor del vero questa constatazione l'avevo già avuta grazie ad un altro libro letto quest'anno).
Ebbene sì quindi lo ammetto "So di non sapere" (e la citazione ci sta visto che l'ho imparata anni fa leggendo Il mondo di Sofia, un altro libro di questo autore). XD
Quindi prima di una rilettura sarà necessario sapere qualcosa di più non tanto della lingua, quanto della mitologia norrena citata, perché al momento ho la sensazione di essermi persa parte della bellezza del ragionamento sviluppato dall'autore.
Detto ciò passiamo ora alla storia in se', perché come vi ho detto prima il bello dei libri di Gaarder è che hanno più livelli e pur non riuscendo a seguire tutti i viaggi linguistici citati, vi assicuro che Il Consolatore rimane un romanzo delicato e toccante che parla delle origini del linguaggio facendocene riscoprire le origini comuni (un po' lo stesso discorso che ha già affrontato in altri testi riguardo all'evoluzione), ma al contempo ci racconta di Jakop, sessantenne decisamente fuori dall'ordinario.
La storia in se' è dolcissima. Jakop è un protagonista che non può non ispirare compassione e tenerezza. Gaarder ha dato vita ad un uomo fragile e fuori dagli schemi, un emarginato, un solitario che alla fine per tutta la vita non ha fatto altro che sognare di far parte di una grande famiglia. A renderlo unico è il modo in cui ha perseguito questo desiderio.
Jakop infatti ama partecipare ai funerali, insinuarsi nelle veglie per conoscere amici e parenti del defunto, fingendo di essere uno di loro e condividendo con loro aneddoti e racconti. Anche se inizialmente le ragioni di questa bizzarria non son chiare, piano paiano lui ci spiega, si racconta nella lunga lettera ad un misterioso interlocutore, dove parla della sua vita, dal rapporto che ancora lo lega all'ex moglie e della particolare amicizia che da anni lo lega a Pelle.
Dunque se inizialmente il racconto si concentra sulle visite ai funerali, in seguito Jakop diventa il fulcro della storia, rivelando tutta la sua unicità.
Con Jakop Gaarder dà vita ad un personaggio meravigliosamente caratterizzato dal punto di vista psicologico che prima della fine rivela una natura fragile, ma infinitamente dolce e buona.
Jakop mi ha ispirato tanta tenerezza.
E poi c'è Pelle, il suo amico. Il suo unico amico. Pelle è tutto ciò che Jakop non riesce ad essere: socievole, spigliato, a tratti irriverente. Accomunati dallo stesso amore per il linguaggio, prima della fine si scoprirà che a legarli è qualcosa di veramente unico.
Jakop mi ha ispirato tanta tenerezza.
E poi c'è Pelle, il suo amico. Il suo unico amico. Pelle è tutto ciò che Jakop non riesce ad essere: socievole, spigliato, a tratti irriverente. Accomunati dallo stesso amore per il linguaggio, prima della fine si scoprirà che a legarli è qualcosa di veramente unico.
Come vi avevo detto forse questa non è la mia recensione più obiettiva, ma adoro lo stile ricco e semplice di Gaarder, le sue storie che sono piccoli ritratti della vita reale, narrate con dolcezza.
Se non avete letto mai niente di suo, ve lo consiglio caldamente, magari cominciando con titoli più famosi per capire se il suo modo di scrivere possa piacervi. ;)
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